Economia della Sardegna: 27° Rapporto
Il 27° Rapporto va in stampa in un momento in cui la pandemia da Covid-19, e la conseguente emergenza sanitaria, è ancora in corso. Se da un lato, visti i possibili cambiamenti degli scenari attuali e futuri, appariva riduttivo mostrare la situazione pre-emergenza sanitaria, dall’altro, in mancanza di dati e con una situazione ancora in essere, un qualsiasi tentativo di analizzare l’impatto regionale della pandemia e delle politiche di contenimento avrebbe prodotto risultati troppo approssimativi. Lasciando ai Rapporti futuri questo compito, come di consueto, il 27esimo Rapporto presenta la situazione dell’economia regionale in base agli ultimi dati disponibili, nella maggior parte dei casi aggiornati al 2018, ma per commercio internazionale, lavoro e turismo aggiornati al 2019. Ciascun capitolo presenta alcune considerazioni sulle possibili conseguenze della pandemia rispetto all’analisi presentata.
Con un PIL pari al 70% della media europea (media italiana del 97%), la Sardegna conferma la sua appartenenza alle regioni più povere d’Europa. Il sistema produttivo è costituito fondamentalmente da microimprese (63% degli addetti regionali) e fatica a innescare un processo virtuoso di investimenti e accumulazione di capitale. L’investimento in ricerca e sviluppo rimane basso e prevalentemente finanziato dal settore pubblico. La percentuale di laureati è ancora troppo bassa e la capacità di attirarne dall’esterno limitata. Se si unisce a questo l’evoluzione negativa degli indicatori demografici, il quadro si complica. Anche per il 2018 il turismo offre segnali positivi ma con cenni di rallentamento probabilmente dovuti alle problematiche legate al trasporto da e per l’Isola che si sono acutizzate in anni recenti.
Per il rilancio della sua economia, la Sardegna non solo deve rafforzare le infrastrutture di base (di trasporto, energetiche, di rete, sanitarie, scolastiche, ecc.), ma deve investire sempre di più sul miglioramento del suo capitale umano e sociale e sulla qualità delle sue istituzioni. La sensibilità verso produzioni sostenibili è alta ma senza le infrastrutture necessarie, servizi pubblici avanzati, investimenti privati e mobilità intra e inter-regionale si rimane ancorati a schemi passati e, con i cambiamenti in atto, questo potrebbe rendere molto problematica l’uscita dall’attuale fase di crisi.
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