La Sardegna nel Mediterraneo
Autori: Michela Cordeddu, Giovanni Sistu e Stefano Usai
Il presente lavoro trae spunto dal rapporto Sardegna e Mediterraneo, curato da Michela Cordeddu, Patrizia Manduchi, Giovanni Sistu e Stefano Usai (2023) per l’ISPROM. Il Rapporto analizza l’insieme delle relazioni fra la Sardegna e i Paesi della sponda Sud ed Est del Mediterraneo. Il campo dell’indagine riguarda gli scambi economici, i movimenti delle persone, gli scambi culturali e scientifici, i partenariati istituzionali, la cooperazione fra comunità e fra soggetti sociali.
Un primo elemento di interesse riguarda gli aspetti legati ai flussi economici, con una specifica attenzione allo scambio di beni e servizi e ai movimenti di capitale. Se ne ricava che l’interscambio commerciale tra la Sardegna e i MENA (Middle East and North Africa) mediterranei è piuttosto modesto e con una forte prevalenza del traffico di prodotti petroliferi: importati in forma grezza ed esportati raffinati. Le altre componenti sono relativamente trascurabili. Si tratta di una struttura di scambio che storicamente caratterizza il modello di apertura del sistema economico sardo. Un modello con una fortissima specializzazione sia in entrata che in uscita, che nasconde molte potenzialità non sfruttate.
D’altra parte, bisogna riconoscere che tali potenzialità non sono, al momento, sostenute dall’offerta di trasporti tra la Sardegna e i paesi in esame, anche a causa del mancato rilancio del trasporto container, nel passato recente fattore innovativo strategico lungo queste rotte. I dati pubblicati nel portale "Sardegna Mobilità” della Regione Sardegna, mostrano che dal 2010 al 2016 gli scambi con tutto il mondo sono stati abbastanza stabili, oscillando tra i 9.500 viaggi/nave-anno e i 14.700 viaggi/nave-anno. Dal 2016, si registra un trend in negativo che ha portato, in sei anni (periodo 2016-2022), ad una netta diminuzione del traffico del -29,92%.
Per quanto concerne gli scambi verso i paesi MENA, tra il 2008 e il 2016 si registra un sostanziale aumento dei traffici fino ad un valore che, negli anni 2013-2016, si è consolidato intorno al valore di 610 connessioni/anno (pari a 2 viaggi/nave-giorno). Tuttavia, come per le connessioni con il resto del mondo, dal 2016 si assiste ad un crollo netto del numero di connessioni fino al valore minimo, del 2019, di 90 viaggi/anno (pari a 1 viaggio ogni 4 giorni); dal 2019 il trend è stabile con valori molto bassi che oscillano intorno ai 100 viaggi/nave-anno.
Il crollo dei traffici è sostanzialmente dovuto alla crisi del traffico di transhipment del terminal container CICT localizzato nel porto industriale di Cagliari ed alla sua repentina perdita di competitività, che ha portato, nel 2019, alla sua chiusura, determinando così una netta riduzione delle connessioni con i porti della sponda sud del Mediterraneo e del vicino Oriente.
Malgrado la sua posizione baricentrica nel centro del Mediterraneo occidentale, che farebbe pensare a un ruolo di crocevia dei flussi e degli spostamenti, l’Isola quindi recita da alcuni anni un ruolo da comprimario.
Se sino ad ora abbiamo parlato di fenomeni che registrano una lunga fase di stallo e di inerzia, diverso è il quadro che emerge dall’analisi dei flussi finanziari dalla Sardegna verso questi paesi, grazie alle rimesse degli immigrati. Nel corso degli ultimi dieci anni, tale flusso dall’Italia e dalla Sardegna è andato costantemente aumentando, configurandosi sempre più come una fonte economica fondamentale per le famiglie e le comunità che sono rimaste nei paesi di origine.
Le rimesse, sia considerando il dato nazionale che quello regionale, hanno conosciuto una tendenza positiva che non si è arrestata neanche durante la pandemia. Negli ultimi 5 anni i valori sono quasi raddoppiati: le rimesse totali dall’Italia sono passate da 400 milioni a 774,3 milioni di euro mentre quelle dalla Sardegna da 3,9 milioni a 6,6. In particolare, negli anni 2020 e 2021 si è registrato un aumento di poco meno del 72,6% degli importi rispetto alla pre-pandemia (+27,5% nel 2020 e +35,9% nel 2021).
I maggiori importi sono trasferiti, come accade anche per tutto il territorio nazionale, dall’Isola al Marocco (il 75% del totale) e alla Tunisia (il 13,5% del totale). Le sole rimesse inviate in Marocco crescono del +30,2% nel 2020 e +33,6% nel 2021. In positivo anche le rimesse verso la Tunisia, che mostrano un +28% nel 2020 e un +33,3% nel 2021. Anche l’Egitto registra un trend positivo con un aumento significativo delle rimesse inviate nel 2021.
Il secondo ambito di analisi è quello dei flussi migratori, tema profondamente divisivo nell’attuale scenario geopolitico ma che, analizzato attraverso il portato della storia lunga, ci mostra quanto importanti siano state per l’Isola le opportunità offerte dai paesi della sponda meridionale e quanto anche l’attualità ci offra una nuova occasione di reinterpretare localmente un fenomeno condizionato da visioni suggestionate da letture esogene.
Un’accurata analisi dell'oggi ricostruisce una situazione della mobilità in Sardegna che parte da scenari demografici molto preoccupanti e che descrive una regione ospitale ma lungi dall'essere rilevante per la scarsità dei numeri della componente straniera (soprattutto dopo la pandemia).
L’ultimo dossier Statistico Immigrazione 2022, del Centro Studi e Ricerche IDOS, informa, infatti, che l’andamento negativo della popolazione sarda non è stato compensato dal numero dei residenti stranieri, pari a 49.552 unità nel 2021, in decrescita di 2.777 unità rispetto all’anno precedente (-5,3%).
Questa situazione è peraltro paradossale se viene inserita nel contesto del lungo “inverno demografico” della Sardegna e dell’Italia, che finalmente sembra proporsi come una delle questioni che non possono essere omesse dall’agenda dei decisori politici, anche perché l’apporto dato dalla componente straniera al bilancio demografico, soprattutto negli ultimi anni di pandemia, ha segnato il passo. Se infatti non saremo capaci di intervenire con nuove prospettive e strategie, il rischio di un “inverno demografico progressivamente più freddo” passerà dall’ambito delle previsioni alla realtà.
Allo stesso tempo, l’analisi della situazione economica, politica e climatica, dei Paesi sub-sahariani propone scenari che sicuramente comporteranno un incremento dei flussi migratori verso la Sardegna e l’Europa. In questo senso sarebbe opportuno anticipare questi eventi, proponendosi come soggetti attivi di una elaborazione strategica diversa da quella attuale, finora improntata costantemente al controllo e/o al respingimento. La Sardegna dovrebbe essere protagonista nel proporre e coordinare iniziative con il governo centrale e con le altre regioni, e con tutte le componenti locali della società civile e del sistema economico.
In tale ambito, appare fondamentale il ruolo del nostro sistema universitario, per la capacità di supportare l’elaborazione di strumenti adeguati alla interpretazione e gestione del fenomeno, in stretta collaborazione con gli omologhi istituti africani, le comunità straniere presenti nell’Isola, gli istituti di ricerca regionali, le organizzazioni umanitarie, gli organismi internazionali.
Non a caso, l’ultimo tema di analisi è quello delle esperienze di cooperazione, anche in questo caso espressione di plurime opportunità di dialogo interculturale, ricerca scientifica, condivisione di saperi e ricerca di prospettive comuni. In questo ambito, si rileva un ruolo centrale dell’Isola, anche in ragione del fatto che, dal 2007, la Sardegna è Autorità di Gestione del Programma ENI (inizialmente ENPI) CBC “Bacino del Mediterraneo” (“ENI CBC Med”). Si tratta della più grande iniziativa di cooperazione multilaterale e transfrontaliera, per risorse finanziarie e per numero di paesi coinvolti (Cipro, Egitto, Francia, Giordania, Grecia, Israele, Italia, Libano, Malta, Palestina, Portogallo, Spagna e Tunisia), promossa dall’Unione europea all’interno della Politica di Vicinato. In un quadro economico e politico oggettivamente critico per i MENA, la Sardegna ha esercitato, e può continuare ad esercitare, anche attraverso il nuovo programma Interreg NEXT MED, una funzione leader nel processo di creazione e rinforzamento delle reti tra paesi.
Inoltre, la Sardegna continua a farsi promotrice di importanti azioni di collaborazione scientifica e culturale, come il rifinanziamento costante delle iniziative di cooperazione di matrice regionale, l’originalità dei programmi universitari di mobilità e l’inserimento degli studiosi coinvolti nelle reti mondiali ed europee della ricerca su molti temi di interesse globale. Tra questi, di particolare rilevanza “SARDEGNA FORMED”, il progetto nato nel 2015 per rafforzare il partenariato euro-mediterraneo attraverso la cooperazione tra le istituzioni europee e del Maghreb. Il progetto vede il coinvolgimento dei due atenei sardi, che, ad oggi, hanno ospitato complessivamente 331 persone (163 Università di Cagliari e 148 Università di Sassari). Interessante rilevare che nelle ultime quattro edizioni, le studentesse beneficiarie del programma FORMED nelle due università isolane siano state la netta maggioranza (oltre il 70%).
Tutti questi elementi fanno pensare che la Sardegna possa proporsi come piattaforma naturale per lo scambio di conoscenze e idee, terra di contaminazione culturale dal Sud verso il Nord e viceversa. Contaminazione che rappresenta una condizione essenziale per favorire lo sviluppo sociale ed economico, solo fattore in grado di creare uno scenario di pace, prosperità e stabilità.
In conclusione, i risultati del percorso proposto nel rapporto sono ovviamente leggibili e interpretabili a diverse scale e secondo molteplici punti di vista. Se la dimensione economica, fatta di una continua alternanza fra opportunità, successi e fallimenti, lascia la compiuta sensazione di un potenziale ancora largamente inespresso, lo stesso tema dei flussi migratori sembra essere ancora prigioniero di una visione securitaria che non coglie l’importanza che, per la regione con il più basso tasso di natalità del Paese, potrebbe avere una mobilità maggiormente aperta allo scambio piuttosto che alla chiusura. In questo senso, la vitalità leggibile all’interno delle molteplici forme della cooperazione mediterranea ci fa capire come una diversa narrazione sia possibile, per un’Isola al centro del Mar Mediterraneo non più solo per ragioni geografiche. Fuor di retorica, il consolidamento del ruolo della regione nelle iniziative transfrontaliere dell’UE per il Mediterraneo, la partecipazione attiva e vincente a progetti scientifici competitivi a scala europea, il rifinanziamento costante delle iniziative di cooperazione di matrice regionale, l’originalità dei programmi formativi di scambio e l’inserimento di molti studiosi nelle reti mondiali ed europee della ricerca più avanzata lasciano spazio a un cauto ottimismo rispetto al ruolo dell’Isola nell’ancoraggio reale fra Mediterraneo e resto del mondo.
Bibliografia e fonti statistiche
Centro Studi e Ricerche IDOS, Dossier Statistico Immigrazione 2022, Edizioni IDOS.
Capasso S., Canitano G. (a cura di) (2020), Mediterranean Economies 2021-2022, Istituto di studi sul Mediterraneo, ISMed-CNR.
Cordeddu M., Manduchi P., Sistu G., Usai S. (a cura di) (2023), 1° Rapporto La Sardegna e il Mediterraneo, Arkadia Editore-
European Institute of the Mediterranean (2020), IEMed Mediterranean Yearbook 2020.
Migration Data portal, Remittances, www.migrationdataportal.org/themes/remittances
Michela Cordeddu. Collaboratrice di ricerca dal 2017 per l’Università di Cagliari e dal 2020 per ISPROM, ha lavorato su diversi progetti a valere su fondi comunitari e regionali. Si occupa di comunicazione, rendicontazione e gender equality. Dal 2023 è Financial Manager del progetto Horizon Europe ESSPIN.
Giovanni Sistu. Ricercatore CRENoS, è docente di Geografia politica ed economica nel Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Cagliari. Ha coordinato le unità locali di progetti internazionali finanziati da Europeaid, EU Life Third Countries, ENICBCMed.
Stefano Usai. Ricercatore CRENoS, è professore in Economia Applicata presso il dipartimento di Scienze Economiche ed Aziendali dell’Università di Cagliari. La sua ricerca si concentra sulla crescita economica regionale, con particolare attenzione alla produzione e diffusione della conoscenza, e ai processi legati al cambiamento tecnologico e al cambiamento strutturale.