L’impatto dell’epidemia COVID-19 sulla mortalità

Autrice: Barbara Dettori

Il presente lavoro illustra le principali evidenze degli effetti della pandemia sulla mortalità totale nella popolazione per gli anni 2020 e 2021. L’assunzione implicita è che i decessi attribuiti direttamente a COVID¬19 rappresentano solo una parte dell’aumento dei decessi: l’epidemia, cioè, ha determinato un aumento della mortalità per un complesso di fattori che vanno oltre la diffusione virale. I più significativi tra tali fattori sono legati a una minore disponibilità del Servizio Sanitario Nazionale in termini di strutture, personale e prestazioni dedicati a tutte le altre patologie (prime tra tutte, ma non certo uniche, quelle oncologiche); al mancato, ridotto o posticipato accesso ad esami e visite da parte dei cittadini anche in termini preventivi; al minor ricorso ai servizi di emergenza anche di pazienti in condizioni acute; agli effetti psicologici negativi delle limitazioni personali sui soggetti più fragili che possono aver generato o peggiorato patologie collaterali.

Per verificare tale ipotesi sono stati analizzati i dati Istat sui decessi giornalieri totali e confrontato l’andamento negli anni investiti dalla pandemia con quelli medi del quinquennio 2015¬-2019. Pur con la consapevolezza che il numero di decessi totali dipende da fattori che variano nel tempo[1], la media degli anni dal 2015 al 2019 è qui considerata come la mortalità giornaliera attesa in assenza di pandemia e confrontata con quella realmente osservata. Nel Grafico 1 è riportata per la Sardegna (sinistra) e per l’Italia (destra) la differenza percentuale tra i valori osservati quotidianamente dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2021 e la media dei medesimi giorni del quinquennio precedente: i valori positivi indicano un numero di decessi osservati che supera quello atteso mentre i valori negativi indicano un numero di decessi osservati minore di quello atteso. Tale curva mostra quindi l’aumento complessivo della mortalità.

Si sono inoltre considerati i dati dei decessi registrati dalla Protezione Civile a partire dal 24 febbraio 2020 e consultati sul MADE, il sistema di Monitoraggio e Analisi dei Dati dell’Epidemia consultabile sul sito Epidemiologia e Prevenzione (E&P), Rivista dell’Associazione Italiana di Epidemiologia[2]. La mortalità COVID della Protezione Civile rileva i decessi per i quali si verificano le seguenti quattro condizioni: decesso occorso in un paziente definibile come caso confermato di COVID­19; presenza di un quadro clinico e strumentale suggestivo di COVID­19; assenza di una chiara causa di morte diversa dal COVID­19 o comunque non riconducibile all’infezione da Sars­CoV­2; assenza di periodo di recupero clinico completo tra la malattia e il decesso[3]. Questo dato è quindi influenzato dalla modalità di classificazione delle cause di morte e dall’effettuazione di un test di positività al virus. Nel Grafico 1 è rappresentata la mortalità per COVID in percentuale rispetto alla mortalità del quinquennio di riferimento[4].

Grafico 1. Eccesso di mortalità per COVID-19 rispetto al periodo 2015-2019, anni 2020-2021 (valori % calcolati su medie mobili settimanali di dati giornalieri)

Fonte: Elaborazioni CRENoS su dati Istat – Base dati integrata di mortalità giornaliera della popolazione residente e dati E&P – MADE

La distanza tra le curve di eccesso di mortalità e di decessi COVID è una misura, seppur imperfetta, della mortalità in eccesso indirettamente legata alla presenza del virus o, in caso di valori negativi, della mortalità risparmiata per la sua presenza.

Da fine febbraio 2020, quando si accertano i primi casi, vi sono vari periodi in cui la mortalità COVID è inferiore all’eccesso di mortalità: accade in occasione della prima ondata pandemica di marzo¬-aprile 2020, dai primi di ottobre a fine 2020 con l’inizio della seconda ondata di contagi, a giugno 2021 e, in modo particolarmente evidente in Sardegna, da agosto del 2021 a fine anno. Tale differenza può essere determinata da una sotto registrazione dei morti COVID oppure da una sovra mortalità per altre patologie. Soprattutto i primi mesi del 2020, in mancanza di diagnosi certe, con la possibilità di poter effettuare pochi test e con l’elevata numerosità di decessi che alcune aree del paese si sono trovate a fronteggiare[5], è presumibile che il fattore che ha prevalso sia proprio la sotto registrazione dei morti COVID. È invece ragionevole pensare che tale sottostima si sia ridotta in seguito, con la messa a punto di protocolli di diagnosi e con la standardizzazione delle procedure per testare la presenza del virus.

Nel Grafico è ben visibile anche il periodo da gennaio a marzo 2021, in cui si registrano un numero maggiore di decessi COVID di quelli della curva di eccesso di mortalità. L’intensità è più elevata a livello nazionale che in Sardegna. Ciò in parte è dovuto a una ridotta mortalità per i mancati incidenti evitati dalla minore mobilità della popolazione, ma soprattutto alla mancata diffusione della tipica influenza associata alla stagione invernale per le misure adottate di distanziamento interpersonale e le diffuse pratiche igieniche.

La valutazione complessiva delle due curve a livello regionale e nazionale mette in luce varie differenze. I primi mesi di diffusione dell’epidemia, a inizio 2020, sono più pesanti in ambito nazionale: il picco di decessi COVID rispetto al quinquennio di riferimento è meno del 10% in Sardegna contro il 46% italiano. Da luglio 2021 in Sardegna si ha un maggiore eccesso di mortalità e da fine agosto anche maggiori morti COVID. Questo suggerisce specificità territoriali della diffusione del virus e differente capacità dei Sistemi Sanitari Regionali di affrontare la riorganizzazione necessaria alla cura della popolazione. Per indagare questo aspetto abbiamo confrontato per tutte le regioni italiane la mortalità complessiva del 2020 e del 2021 e calcolato la differenza percentuale rispetto alla media del quinquennio 2015¬-2019 (Tabella 1). È inoltre riportato il numero dei decessi COVID registrati dalla Protezioni Civile e la quota che essi rappresentano rispetto all’eccesso di mortalità.

Nel 2020 l’eccesso di mortalità italiano è elevato (100.526 morti in più, pari a +15,6%) e concentrato soprattutto nelle regioni settentrionali: Lombardia, Provincia Autonoma di Trento, Valle d’Aosta e Piemonte sono le aree più colpite, rispettivamente con un aumento della mortalità del 36,6%, 29%, 24,8% e 22,9%. Il Centro è la ripartizione territoriale in cui si rileva il minore aumento della mortalità complessiva (+7,5%) e anche l’area per la quale il numero di decessi COVID è la quota più elevata dell’eccesso di mortalità. In Umbria e Lazio la mortalità COVID supera addirittura l’eccesso di mortalità. Tra le regioni meridionali la Sardegna è quella più colpita nel 2020: i 2.158 decessi in più rispetto al quinquennio precedente comportano un aumento della mortalità del 12,8%. Rispetto a questo aumento, solamente il 34,6% è attribuibile ai decessi COVID, che sono un numero molto più contenuto (747). Tale quota, la più bassa a livello nazionale, potrebbe essere ascrivibile a una forte sotto registrazione dei casi COVID a livello regionale nel 2020, mentre la possibile tardiva registrazione della loro notifica, posticipata all’anno successivo, sembrerebbe essere esclusa da quanto emerge nel 2021 e commentato poco più avanti.

Tabella 1. Eccesso di mortalità rispetto al periodo 2015-2021 (valori assoluti e variazione %), decessi COVID (valori assoluti e in % rispetto all’eccesso di mortalità), anni 2020 e 2021

Fonte: Elaborazioni CRENoS su dati Istat – Base dati integrata di mortalità giornaliera della popolazione residente e dati E&P – MADE

Nel 2021 il totale dei decessi in Italia è tendenzialmente in calo rispetto all’anno precedente pur rimanendo elevato: i decessi sono 63.415 in più rispetto al 2015¬-2019 (+9,8%). Nel secondo anno di pandemia la geografia della sovra mortalità si inverte: il Nord, con un aumento medio dell’8,2%, è la ripartizione territoriale meno colpita, anche se per Friuli-¬Venezia Giulia e Bolzano si registrano valori maggiori di quelli nazionali (14,6% e 13,6% rispettivamente).

Per le regioni del Centro la sovra mortalità nel 2021 (8,6%) è simile all’anno precedente, mentre il Mezzogiorno, colpito dalla pandemia soprattutto in concomitanza della seconda ondata di contagi, a partire da ottobre 2020, nel 2021 registra un eccesso di mortalità del 12,9%, in aumento rispetto all’anno prece dente di oltre 5 punti percentuali. La Sardegna è l’unica regione della sua circoscrizione che nel 2021 ha una diminuzione dell’eccesso di mortalità (11,6%, 1,2 punti percentuali in meno rispetto al 2020), mentre si registrano elevati aumenti per Molise (da 5,9 a 14,6), Calabria (da 4 a 12,6), Sicilia (da 5,8 a 12,8) e Puglia (da 12,1 a 18,5). Anche nel 2021 per la Sardegna il numero dei decessi COVID è una bassa quota dell’eccesso di mortalità, 50,3%, sensibilmente inferiore a quella italiana (99,7%) e seconda solamente al 44% della Calabria. Questo perdurare nel tempo di una bassa quota di decessi COVID sulla sovra mortalità sembrerebbe escludere come unica motivazione un eventuale ritardo nella notifica dei decessi COVID nei dati della Protezione Civile (nel qual caso i dati del 2021 includerebbero tardivamente i decessi relativi al 2020). Il fenomeno merita ulteriori analisi per misurare quanto di questa differenza è dovuto a un aumento della mortalità per patologie non collegate al virus, determinato da un servizio sanitario sovraccarico e in affanno, e quanto invece è dovuto a una sottostima dei decessi COVID. Solo l’esame delle schede di morte con il dettaglio sulle cause di decesso Istat, quando saranno rese disponibili per il 2020 e 2021, potrà quantificare il peso delle due possibili cause.

Nel 2021 si rilevano 11 regioni nelle quali i decessi COVID sono superiori all’eccesso di mortalità, di cui 8 al Nord, 2 al Centro e solamente una, l’Abruzzo, nel Mezzogiorno. Quest’ultimo dato può essere determinato da un possibile ritardo nella notifica dei dati COVID del 2020 al 2021 e conferma quanto osservato in precedenza, ossia che la mortalità causata da COVID può essere stata controbilanciata da una diminuzione della mortalità per altre cause (incidenti stradali, influenza stagionale, etc.). Inoltre, l’elevata mortalità dell’anno precedente deve essere considerata alla luce di quello che gli epidemiologi definiscono effetto harvesting: l’aumento della mortalità generale causato dalla pandemia nel 2020 ha riguardato in prevalenza i soggetti fragili (persone nella fascia di età più elevata o in condizioni di salute compromesse), anticipando una quota di decessi attesi nel breve periodo che si sono concentrati nel tempo. Successivamente a questa prima fase, si assiste a una seconda in cui la mortalità cala.

L’analisi evidenzia particolarità territoriali che suggeriscono diverse ipotesi ancora da quantificare. In primis si rileva la possibile sottostima della mortalità COVID, evidente soprattutto nei primi mesi del 2020; l’aumento della mortalità per altre patologie dovuto a un mancato o ridotto accesso alle cure sanitarie; da ultimo, la possibile diminuzione della mortalità per altre cause che sono state evitate a causa di rallentamenti della mobilità personale o del distanziamento interpersonale.

Bibliografia e Fonti statistiche

Istituto Superiore di Sanità (2020), COVID-19: rapporto ad interim su definizione, certificazione e classificazione delle cause di morte. Rapporto ISS COVID-19 n. 49/2020, Versione dell’8 giugno 2020

Epidemiologia e Prevenzione (2022), MADE - Sistema di Monitoraggio e Analisi dei Dati dell’Epidemia

 

Barbara Dettori. Collaboratrice di ricerca CRENoS dal 2001, è inquadrata come tecnica dell’area scientifica presso il Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università di Cagliari. È esperta di economia applicata e gestione database e si occupa di analisi dei sistemi territoriali e di economia dell'innovazione.

 

 

[1] I principali tra tali fattori sono la numerosità della popolazione e i tassi di mortalità specifici per età e per sesso.

[2] Per la consultazione del MADE si rinvia a questa pagina: https://epiprev.it/apps/made.php

[3] Si tratta delle indicazioni dell’OMS per identificare i decessi associati a COVID­19, riprese nel “Rapporto sulla definizione, certificazione e classificazione delle cause di morte del COVID­19”(ISS 2020)

[4] Per le serie dei decessi totali e di quelli COVID sono state calcolate le media mobile settimanali: per ogni giorno è stata cioè considerata la media aritmetica dei sette giorni intorno ad esso. Ciò si rende necessario per attenuare la variabilità giornaliera e la ciclicità settimanale, particolarmente evidenti nei dati della Protezione Civile a ridosso dei fine settimana e delle festività.

[5] Si pensi che nel marzo 2020 in Lombardia si è registrato un eccesso di mortalità del 193% rispetto alla media per lo stesso mese nel quinquennio precedente (12,5% in Sardegna, 48% in media in Italia).