Insularità e COVID-19: una prospettiva geografica

Autrici: Anna Maria Pinna e Vania Licio

Essere un’isola è una condizione geografica particolare, che durante una pandemia, come quella che stiamo attualmente vivendo, può rivelarsi vantaggiosa nel controllo della diffusione dei contagi. Paesi come la Nuova Zelanda e l’Islanda, dove la discontinuità territoriale è stata associata ad una posizione cautelativa nel controllo degli accessi esterni e ad interventi mirati a stroncare la propagazione dei casi di contagio iniziali, hanno rivelato la strategia di maggior successo in contesti estranei alle precedenti esperienze di SARS e MARS.

Già da fine febbraio - inizio marzo 2020, quando la SARS-CoV-2 inizia a diffondersi in Europa, le isole rivelano la propria specificità geografica per il fatto di essere separate dalla terraferma e non ugualmente raggiungibili. A questa condizione puramente geografica segue lo stop dei collegamenti aerei e marittimi ordinari[1], ovvero l’interruzione dei servizi tesi a limitare lo svantaggio insulare[2]. Il caso delle isole europee e la diffusione del virus in Europa rivelano in modo chiaro i potenziali vantaggi derivanti dalla condizione geografica di insularità. Dopo Wuhan e la Cina, l’Europa è il continente dove la SARS-CoV-2 inizia a propagarsi velocemente attraverso tutti gli stati, e, a marzo 2020, tutte le nazioni europee registrano casi conclamati di COVID-19. L’ormai generalizzata diffusione del virus nel continente ha fatto sì che le misure restrittive adottate dai singoli stati siano concomitanti, creando nella primavera dello scorso anno un blocco diffuso di tutti i collegamenti e gli spostamenti tra e all’interno dei Paesi europei non dettati da ragioni di urgenza. In un recente contributo di Licio e Pinna (2021) che utilizza i dati delle regioni europee NUTS2, le differenze tra isole e terraferma nella propagazione del contagio sono risultati evidenti utilizzando l’importante cesura temporale tra le chiusure e le riaperture legate alla stagione turistica. La Tabella 1 mostra, infatti, come a fine maggio 2020, prima che gli spostamenti aerei e marittimi venissero ripristinati, le isole europee registravano tassi di contagio significativamente inferiori rispetto alle nazioni di appartenenza. In Sardegna, ad esempio, il 31 maggio 2020 il tasso di contagio era pari allo 0,08%; in Italia, invece, si registrava un tasso dello 0,42%, 5 volte superiore, 6 volte se lo si confronta con quello della Sicilia (0,07%). Anche le isole portoghesi Madeira e Azzorre sono riuscite, nel corso della prima ondata, a contenere bene il contagio rispetto alle regioni portoghesi non insulari. In Spagna, a fronte di un tasso di contagio dello 0,6%, le Baleari e le Canarie hanno registrato tassi molto meno marcati, pari a 0,17% e 0,11%, rispettivamente. In Corsica il tasso di contagio è stato un po’ più sostenuto, se confrontato con quello medio francese: 0,14% nell’isola, 0,23% in Francia. Nelle isole greche e in quelle norvegesi, invece, durante i primi mesi della pandemia, si è registrato un tasso di contagio prossimo allo 0%[3].

A fine settembre 2020, dopo tre mesi dal ripristino dei collegamenti aerei e marittimi e dall’avvio della stagione turistica, la situazione cambia drasticamente. Il tasso di contagio si moltiplica di quasi 7 volte nelle Baleari, passando da 0,17% a 1,16%, e di quasi 6 volte nelle Canarie.

 

Tabella 1. Tasso di contagio, 31 maggio e 30 settembre 2020 (valori %)

Fonte: Licio e Pinna (2021)

 

In Italia, durante la stagione estiva, l’aumento del tasso di contagio è stato più contenuto rispetto alle altre nazioni europee: un aumento del 33% circa, arrivando a 0,56%. In Grecia, Norvegia, Francia, Portogallo, Danimarca e Spagna il tasso è aumentato, invece, in maniera esponenziale, duplicandosi nel caso della Danimarca, fino crescere di ben 166 volte nel caso della Norvegia. Se in Italia l’aumento del tasso di contagio è stato modesto, in Sardegna si è registrato un tasso di crescita del 188%, arrivando a 0,24%, 3 volte superiore rispetto a quello registrato 3 mesi prima. In Sicilia l’aumento è stato del 107%.

D’altro canto l’insularità non è solo condizione di vantaggio: la pandemia ha evidenziato che eventuali carenze legate al sistema sanitario rendono un’isola particolarmente vulnerabile. Infatti, le restrizioni agli spostamenti hanno un effetto modesto sulla riduzione dei contagi se non supportati da specifici interventi di sanità pubblica (Chinazzi M. et al., 2020). Nel caso delle isole, soprattutto quelle piccole, più isolate, con una bassa densità di popolazione ma con una forte vocazione turistica, il tema del ridotto numero dei posti letto suscita preoccupazione, soprattutto successivamente all’avvio della stagione vacanziera. Secondo i dati dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, in Sardegna si contano 1.602 posti letto in area non critica[4], pari a 99,4 per 100.000 abitanti contro una media italiana di 111,5 e di 79,6 in Sicilia. Relativamente ai posti in terapia intensiva, pre-emergenza SARS-CoV-2 si contavano in Sardegna 8 posti letto per 100.000 abitanti, un numero abbastanza in linea con la media italiana (8,4). Durante l’emergenza sanitaria, tutte le regioni italiane hanno visto aumentare il numero di posti letto. Al 26 marzo 2021 la Sardegna ha 12,7 posti letto in terapia intensiva per 100mila abitanti; l’Italia, in media, 15,1; la Sicilia 16,834.

L’insularità, quindi, da condizione di vantaggio si dimostra un elemento di fragilità in fase di apertura come conseguenza di alcune caratteristiche di contesto economico: le ridotte dimensioni economiche e la forte specializzazione nel turismo. La necessità di attivare misure e protocolli di sicurezza ulteriori rispetto a quelli adottati dalle nazioni continentali risulta evidente. La necessità di prendere decisioni immediate da parte dei diversi governatori ha posto in luce l’importante questione relativa alla giurisdizione. Essere un’isola-stato (come Malta o Cipro) ha infatti facilitato e velocizzato l’adozione di misure ad hoc per un territorio insulare rispetto alle isole dotate di una certa autonomia, ma dipendente da uno stato maggiore (in Europa è il caso delle Faroe, la cui sovranità appartiene alla Danimarca) o alle isole regione (come Sardegna, Sicilia, Baleari, Creta, per citarne alcune).

Usando dati su numero di contagi, numero di morti, tamponi effettuati, misure adottate, protocolli e servizi sanitari, nel lavoro di Cuschieri et al. (2020) è stato confrontato come tre isole indipendenti (Malta, Cipro e Islanda) hanno affrontato l’emergenza COVID-19 tra marzo e settembre 2020. Nonostante l’adozione di misure simili, Malta, nel corso della prima ondata, è riuscita a contenere meglio la diffusione del virus. Le tre isole hanno gestito diversamente la chiusura e riapertura degli scali portuali e aeroportuali. In Islanda, ad esempio, gli aeroporti non sono mai stati chiusi ufficialmente. Durante le riaperture estive, sia l’Islanda sia Cipro hanno adottato delle misure di controllo dei passeggeri in arrivo; il governo maltese, invece, non ha previsto un tampone per le persone in entrata nell’isola. Tuttavia, secondo la ricerca, la causa scatenante dell’inizio della seconda ondata a Malta non è stata la riapertura dei collegamenti, quanto la mancanza di un divieto di assembramento. La conclusione che si può trarre da questo studio è che la sovranità del territorio sebbene non assicuri una gestione più facile o migliore dell’emergenza sanitaria, qualora legata alla condizione di insularità, identifica una condizione di vantaggio nel contesto di una pandemia.

Bibliografia e Fonti statistiche

Chinazzi M, Davis J.T., Ajelli M., Gioannini C. (2020), The effect of travel re-strictions on the spread of the 2019 novel coronavirus (COVID-19) out-break, Science, 368(6489), pp. 395-400

Cuschieri S., Pallari E., Hatziyianni A., Sigurvinsdottir R., Sigfusdottir I.D., Sig-urðardóttir Á.K. (2020), Dealing with COVID-19 in small European island states: Cyprus, Iceland and Malta, Early Human Development, 105261

Licio V., Pinna A.M. (2021), Measuring insularity as a state of nature, Papers in Regional Science, 1-26.

 

Vania Licio. Ricercatrice CRENoS dal 2017, è ricercatrice in Economia Politica presso il Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università di Cagliari. Gli interessi di ricerca riguardano la geografia economica, l’analisi degli effetti delle infrastrutture di trasporto e dei fattori geografici e storici sulle differenze spaziali e sull'economia odierna e passata.

 

Anna Maria Pinna. Ricercatrice CRENoS dal 1997 e Direttrice CRENoS dal 2021, è professoressa associata di Economia Politica presso il Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università di Cagliari. I suoi ambiti di ricerca vertono sulle relazioni tra flussi turistici e commercio, geografia e processi di sviluppo e integrazione economica.

 

 

[1] La condizione di insularità può essere valutata secondo due diverse prospettive, quelle che in geografia economica vengono definite first nature e second nature geography. La prima fa riferimento alla pura geografia fisica: l’isola è una porzione di territorio interamente circondata dall’acqua. La seconda, invece, include tutti quegli interventi posti in essere dall’uomo per alleviare la condizione insulare e ridurre la distanza con la terraferma, come le infrastrutture di trasporto (ponti, tunnel) e i relativi servizi (marittimi, aerei). Entrambe le prospettive si rilevano rilevanti nell’analisi della diffusione del coronavirus.

[2] Il 14 marzo 2020, su richiesta del Presidente della Regione Sardegna, la ministra dei Trasporti e delle Infrastrutture firma il decreto con il quale vengono sospesi i viaggi di passeggeri da e verso la Sardegna per motivi non comprovati di salute, lavoro e necessità (Fonte: https://www.mit.gov.it/comunicazione/news/sardegna­regolare­traffico­merci­trasporto­persone­solo­con­autorizzazione). Lo stesso si verifica per la Sicilia, per le isole Baleari, per la Corsica e per le altre isole europee.

[3] Particolare è il caso delle Isole Faroe, dove, a fronte di una popolazione di oltre 49mila abitanti, si sono segnalati ben 187 casi di COVID­19, superando il tasso di contagio medio danese. Una situazione più critica è quella che si verificò nell’isola di Saaremaa in Estonia dove agli inizi di marzo dello scorso anno, in seguito ad un evento sportivo, e prima che venissero adottate in Europa misure restrittive, si registrò un focolaio di COVID­19 che coinvolse quasi metà della popolazione dell’isola (Fonte: https://www.bbc.com/news/av/world­europe­52282118). Questo rivela che, una volta superata la barriera geografica, la diffusione nelle isole è ugualmente veloce a quella nella terraferma.